Mimi quando è felice, canta, una sorta di unica nota differentemente modulata, e balla, ondeggiando da un piede all’altro. Mimi ama la musica, la musica rock, il Leonard Cohen, Van Morrison, Kate Bush, e la musica classica. In un periodo particolarmente doloroso del suo percorso di vita, pare fosse difficile distoglierlo dall’ascolto ripetuto ossessivamente del Requiem di Mozart. Mimi usa due consonanti, per esprimere favore o dissenso, solo “d” per si (probabile abbreviazione di “da”), “n” per no (probabile abbreviazione di “ne”). Per il resto, Mimi non parla. Osserva, a volte con un occhio solo, forse per inquadrare meglio le cose. Ma, per comunicare, per stabilire una connessione, Mimi abbraccia, e stringe mani. Perché Mimi ha il suo modo di sentire le persone, e a suo modo, di capire, e forse coglierne profondamente intenzioni e stati d’animo. E l’unico modo per “sentire” lui, è abbandonare l’universo consueto dei significati che trasmettiamo verbalmente, entrando nel suo silenzio.
Ho conosciuto Mimi nel 2015: era utente del centro diurno “Nasa Kuca”, impegnato per l’inclusione sociale di giovani adulti con disabilità, dove impiegava alcune ore della sua giornata lavorando in un workshop protetto. Prima ancora Mimi aveva frequentato altri contesti non istituzionali, mirati alla valorizzazione e al potenziamento delle sue doti di apprendimento e creative. Perché Mimi, pur avendo smesso di usare la parola dall’età di 4 anni, se adeguatamente inserito in un contesto, riesce ad apprendere processi lavorativi e creativi, e ad applicarli in modo funzionale. Ma nel 2016, ha cominciato a soffrire di una grave e pervasiva forma di epilessia, e questo, unito al suo autismo, ha ulteriormente rallentato il suo percorso di inclusione sociale. Le crisi possono coglierlo in qualsiasi momento della giornata, con brevi e ripetuti spasmi muscolari che lo inchiodano in pose sofferenti, per poi svanire riportandolo nel corso normale degli eventi. Solo la corretta individuazione della diagnosi, funzionale ad un’adeguata prescrizione di farmaci antiepilettici, ha rappresentato per la famiglia di Mimi un’odissea durata oltre due anni.
A causa dello scarso supporto che le istituzioni locali offrono, Mimi ora trascorre le sue giornate a casa, dove vive con i suoi genitori, che a lungo si sono battuti per il riconoscimento dei diritti delle persone con autismo. La musica, alcuni DOC, e mansioni quotidiane come uscire a buttare la spazzatura, scandiscono e in qualche modo riempiono la monotonia delle sue ore.